Da un articolo del HUFFINGTONPOST apparso il 2/05/2018 e scritto da Elisabetta Ambrosi
“È assai difficile che l’asilo Chicco di Grano, nel quartiere Ardeatino di Roma, sia un covo di ideologia gender, un luogo dove distribuiscono volantini pro diritti Lgbt e dove si indottrinano i genitori all’inesistenza del genere. Probabilmente invece le insegnanti di quell’istituto si sono trovate di fronte a un fatto pratico. In quella classe c’era un bambino figlio di una coppia di padri omosessuali, e dunque destinato a non poter festeggiare la Festa della mamma. Quindi, semplicemente, hanno deciso che fosse meglio parlare di una più inclusiva, ma non meno allegra, “Festa delle famiglie”.
Leggendo la notizia mi sono ricordata dell’asilo dove andava mio figlio qualche anno fa. Loro la festa della famiglia l’avevano abolita fin dall’inizio. Era una scuola dove c’erano bambini di varie culture, non coppie omosessuali. Mi dettero altre e valide ragioni. Ad esempio dissero che la madre poteva essere scomparsa o che comunque la famiglia poteva essere “allargata”. Nonni, zii, cugini, insomma era come se festeggiare la famiglia consentisse da un lato di essere discreti sulla composizione reale della famiglia del bambino, dall’altro di permettere al bambino di sentire “famiglia” non solo il padre e la madre, ma anche le altre figure di cura attorno a lui. A me sembrò una cosa così sensata che, ricordo, mi congratulai con la coordinatrice didattica.
Da madre, poi, trovo sinceramente un po’ superato il lavoretto per la festa della mamma (e del papà). Sono sempre cose all’insegna di un sentimentalismo un po’ arcaico, “Voglio bene alla mamma”, “La mamma più bella del mondo etc”. Certo, ovvio che a un bambino può sembrare diverso, ma onestamente, per esperienza, devo dire che anche loro, i bambini, anno dopo anno non ci fanno più caso, si assuefanno un po’ alla ripetizione dell’identico, a una proposta didattica quasi sempre di scarsa creatività.
Certo, potrebbe avvenire lo stesso con la Festa delle famiglie, ma intanto già cambiare un rito identico a se stesso da secoli, andando incontro ai mutamenti sociali che la famiglia ha subito in quegli ultimi decenni, è qualcosa di importante e significativo: ci sono famiglie sempre più composite, fatte di genitori single, o di fratelli figli di diversi genitori, o di genitori e nonni che vivono insieme. Celebrare la famiglia significa riconoscere che dentro quel contenitore semantico ci possono essere figure diverse. E, credo, anche i bambini accoglierebbero la novità con l’intelligenza intuitiva che li contraddistingue. Potrebbero essere stimolati a raccontare cosa sentono loro davvero famiglia, quali persone avvertono come vicine nella loro vita quotidiana, al di là della madre o del padre.
E poi ci sono ovviamente le famiglie omosessuali. Dopo la legge sui diritti civili, nella quale non è stata introdotta per un timore senza senso una norma sui figli delle coppie omosessuali, sindaci e anagrafi cominciano sempre a registrare i due genitori senza preoccuparsi del genere. Ormai la strada è tracciata e sarà sempre più frequente avere nelle classi figli di genitori omosessuali felicemente dichiarati e non più “clandestini”, come sono stati fino a oggi quei genitori non biologici costretti a presentarsi alle maestre come estranei, pur essendo persone che ogni giorno svolgevano con amore e fatica la funzione di genitore. Insomma, che piaccia o meno ci sono e si saranno sempre più bambini che hanno due madri o due padri. È dunque insensato pensare di abolire questa realtà sociale che esiste, proprio come esistono i genitori single o i bambini adottati o altro ancora. Semplicemente, una bambina che ha due papà difficilmente potrà festeggiare la Festa della mamma. Al contrario, la festa della famiglia consente di rispettare anche queste famiglie, che hanno diritto a festeggiare la loro intimità e il loro legame profondo senza imbarazzi di sorta. Mentre, dall’altro lato, non causa nessun danno a chi ha un padre e una madre, che non vengono evidentemente aboliti, come è stato stupidamente detto.
Come al solito, invece, è partita la prevedibile, sempre identica a se stessa, scia di polemiche dei politici del centrodestra, paladini, quasi sempre a parole, dei valori cattolici. Nomi e volti triti e ritriti come i loro slogan: “Giù le mani dai bambini” (Salvini), “Diritto di un bambino ad avere una mamma e un papà calpestato dall’egoismo degli adulti” (Barbara Saltamartini, Sara De Angelis e Francesca Gerardi). “Difendiamo i nostri figli” (Giorgia Meloni). C’è anche chi, come il senatore di Fratelli D’Italia Antonio Iannone, ha rilasciato una surreale e incomprensibile dichiarazione: “Chi invoca il diritto all’egoismo del proprio pensiero non può imporre di privare gli altri di festeggiare il miracolo biologico della vita e della condizione naturale di essere figli e genitori.” E via dicendo.
La polemica ha talmente dell’inverosimile che questi esponenti politici non si rendono conto di essere gli stessi che portano avanti difesa della famiglia, promuovendo il “Family Day”. Dunque dovrebbero essere ben contenti di avere la Festa delle famiglie, visto che si arrogano da sempre il monopolio di una realtà tanto fondamentale. E invece no, mentre gridano a difesa della tradizione e della presenza di un padre e di una madre, perdono di vista quello che a loro stesso dire è un valore da celebrare ogni giorno. E in fondo, quindi, ci fanno un favore.
Ho sempre pensato con tristezza quanto la sinistra italiana, e il pensiero laico in generale, si siano fatti sottrarre un tema tanto importante, come se la famiglia fosse una questione importante solo per la destra e i cattolici italiani. Non a caso nel nostro paese mancano politiche di sostegno alla famiglia vere, perché i governi di sinistra se ne sono sempre sciaguratamente disinteressati, mentre la destra non ha mai avuto intenzione di andare oltre la propaganda, tanto comoda perché, in fondo, comporta solo l’onere di rilasciare dichiarazioni ideologiche, invece che farsi davvero carico dei bisogni dei genitori e dei bambini. E allora forse questa potrebbe essere l’occasione perché i laici, di qualunque partito o movimento siano, comincino a rendersi conto della centralità della famiglia, e inizino a difenderla come cosa propria, preziosa e importante. Non potrà che portare loro consenso.”